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Tommy è di New York, ma i suoi genitori sono entrambi cinesi. Tommy è un caro ragazzo, che dio ha voluto collocare sul mio stesso autobus da New York City a Ithaca. Tommy ed io siamo stati gli unici due scappati di casa a scendere alla fermata North Campus e ci siamo subito guardati con grande solidarietà. Due disgraziati in mezzo a un distesa di nulla, battuta dal vento gelido della Groenlandia. Per giunta.

Da quel momento, circa 24 ore fa, Tommy ed io siamo culo e camicia, busetta e botton. Anche perché in tutta Ithaca non c’è ombra di un cane, al momento. Basti dire che per chiedere indicazioni è necessario letteralmente rincorrere le poche anime che si aggirano, di norma, a minimo 50 metri da te – che ti stai sbracciando convulsamente e stai urlando come un ossesso nel tentativo di catturare la loro attenzione. Excusemeeeeeee!!!

Torniamo a 24 ore fa. Dopo aver scaricato nelle rispettive case le rispettive valigie, ho atteso il suo SMS. Sì perché Tommy è laureato in Information Technology, però non gli piace usare lo smartphone. Ce l’ha, ma preferisce utilizzarlo come un normale telefono cellulare e solo se strettamente necessario. Non ha whatsapp. Facebook lo usa esclusivamente dal pc, poco e mal volentieri. Non ha un contratto con internet incluso. Tommy sei inutile, cazzo ci serve un cazzo di Google Maps per orientarci e a te, americano, ma soprattutto di sangue cinese, NON PIACE. Non fa nemmeno le foto, Tommy. Non c’è più religione, c’è solo delusione.

Comunque, l’SMS è arrivato e ci siamo avventurati insieme verso l’Ithaca Mall, paradiso degli acquisti locali. Lo spirito dell’avventura era sicuramente più per me, anche se non sono mancati momenti al cardiopalma anche per lui!

Ci piazziamo alla fermata dell’autobus con un freddo barbino. Tutto buio intorno, è tardo pomeriggio e l’illuminazione è decisamente scarsa. Siamo gli unici due cristiani in attesa. Finalmente delle luci in lontananza: il 70 sta arrivando a tutto gas! Mi preparo per chiamare la fermata, vedo la vettura avvicinarsi senza evidenti intenzioni di rallentare, mi protendo quindi verso il centro della carreggiata scendendo in un sol balzo dal marciapiede e sbracciando (**ancora**) a più non posso per segnalare la nostra presenza – il mio peggior incubo era quello di perdere la corsa e rischiare l’assideramento in attesa della successiva. Clacson dell’autista. Le porte si aprono. Salgo baldanzosa, quando quel corpulento individuo al volante inizia a cazziarmi con veemenza: “Macchettiseiimpazzita?!?! Cosa corri in mezzo alla strada, non lo fare mai più, metti che non riesco a frenare e ti investo, tu sei fuori di testa, che ti salta in mente, una cosa del genere può costarti fino a 2.400$ di multa!!!”. Io resto in ascolto cercando di carpire il succo del discorso e allibisco. Poi cerco timidamente di spiegare le mie ragioni. Mi scusi sa, io sono italiana, non sapevo che qui non si fa così, in Italia per far fermare l’autobus devi comportarti esattamente come ho fatto io, altrimenti quelli tirano dritto: devi zompare in mezzo alla strada e fare in modo che ti vedano! Mi perdoni, lo giuro, non lo faccio più! Nel frattempo Tommy osserva sorpreso: “Ma infatti mi stavo chiedendo cosa stessi facendo…!”… 🙁 no words. Che mi ci mancano solo altri 2.400$ da donare allo stato americano… L’amico autista alla fine ce lo siamo ribeccati pure al ritorno. È stato molto premuroso, ci ha fatti scendere in un punto della strada che era comodo per noi: “scendete qua va’… ho sentito in giro che agli italiani piace volare in mezzo alla strada!”. 😕

Nel mentre, durante il nostro appassionante tour al centro commerciale, abbiamo dovuto ripiegare su una cena fast. Io hamburger, Tommy pizza. Facciamo due code separate, finalmente ci sediamo, non vedo l’ora di addentare famelica il mio panino al roastbeef, e lui fa: “Devo lavarmi le mani”. Ok, ti aspetto, ottima regola. In effetti abbiamo tocchicciato ovunque e ci stiamo apprestando a mangiare con le mani. Forse dovrei lavarle pure io. Vabbé che quel che non strangola ingrassa… una sciacquata ci sta. Finiamo il nostro lauto pasto, faccio per alzarmi e infilare la giacca e lui fa: “Devo lavarmi le mani”. Ok, ti aspetto, buona cosa, anche se non necessaria. In effetti abbiamo tocchicciato cibo unto e ci stiamo apprestando a toccare molte altre cose con queste mani un po’ puzzolenti. Forse dovrei lavarle pure io. Una sciacquata ci sta.

Entriamo nel supermercato. Tommy deve comprare cuscino e coperta, di cui è sprovvisto. Il reparto è ben fornito, analizziamo attentamente la vasta offerta. Gli dico guarda caro che io ho due cuscini, se ci vuoi pensare un po’ o temi di non riuscire a trasportare tutta questa roba, posso prestartene uno io e poi torni domani a prenderlo. Risposta: “Grazie, ma tranquilla, tanto non dormirei MAI con un cuscino e una coperta nuovi, anche se li comprassi adesso: prima devo lavarli”. Oooookey.

Poi si discorre, io osservo che la casetta è proprio carina, luminosa e pulita: “A proposito! Andiamo a prendere la salviette igienizzanti, che devo pulire tutto”. Tommy, ma io ho le pulizie incluse, tu no? Che sfiga… niente coperte, niente pulizie… “Sì le signore delle pulizie vengono, ma non è abbastanza, in realtà è piuttosto sporco, potrebbe essere più pulito, meglio dare una passata!”

Stamattina mi ha confessato di aver praticamente dato fondo al pacco di salviette igienizzanti. Al più tardi domani dovrà fare rifornimento. 🙂