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I matrimoni sono un grande capitolo della mia vita. Nel 2019 conto ben 6 matrimoni e nei 5 anni passati ho avuto una media di 3 matrimoni all’anno. Che hobby hai? Vado a matrimoni. Sto maturando una certa esperienza sul campo, che è una delle principali motivazioni per le quali ci tengo a non perdermene uno. Ho visto matrimoni di diverse nazionalità e stili vari ed eventuali. Il primo che mi è toccato in sorte quest’anno è quello della sorella del mio ragazzo americano. Famiglia del sud: red-neck wedding assicurato. 

Si comincia da: il regalo. Un matrimonio americano che si rispetti, ha la lista nozze su Amazon. Tu ordini il pezzo prescelto e quello viene recapitato direttamente a casa degli sposi. Suppellettili di svariata natura possono comporre la lista dei desideri Amazon, uniti dal fil rouge di combinare tradizione e innovazione sotto lo stesso tetto. Vuoi che la tua vita matrimoniale sia deliziata da gustosi manicaretti, artigianali ma non troppo? Ecco una sfilza di curiosi robot da cucina, che mescolano, tritano, impastano, gestiscono la tua alimentazione. Non possono poi mancare collezioni di centinaia di contenitori in plastica, tonnellate e tonnellate di boxes, che conterranno i leftovers di una vita. Io li chiamerei i left-lovers. Vuoi una casa cozy, ma anche una domus domotica? È opportuno combinare gli articoli più amati dalle nonne di tutto il mondo, come coperte ricamate e servizi di porcellana dipinta, all’ultimo ritrovato tecnologico del colosso di Jeff Bezos, come Amazon Echo-la-qualsiasi, che ti parla della qualunque e ti consente di interagire con qualsivoglia elettrodomestico. Vogliamo dimenticare le abilità manuali di zia Norina con la sartoria? Possiamo oggi tramandarle ai posteri con una macchina da cucire computerizzata, che ci condurrà nel fantastico mondo dell’orlatura dei pantaloni. E poi guide, spirituali e non, dal manuale delle giovani marmotte per arrivare preparati alle prossime sfide di vicinato nel giardinaggio pro-master-advanced, allo specchio specchio delle mie brame, per verificare di essere le più belle del reame inquadrate da una cornice rococò. 

Tuttavia, se ancora nessuno tra gli oggetti in lista da 15 a 1500 $ ci soddisfa, possiamo tranquillamente portare un regalo di nostro gradimento e lasciarlo sul tavolo apposito il giorno del ricevimento. Meglio se il più voluminoso e pesante possibile. Ad esempio, una dozzina di casse della peggiore birra della storia d’America e un paio di bottiglie della peggiore vodka della storia di Russia, in ricordo dei vecchi tempi del college. Massimo sforzo, minimo risultato.

Ma veniamo agli eventi: il vero succo del matrimonio americano. Poiché i nostri invitati vengono spesso dal Paese di molto molto lontano, non possiamo certo ridurre il matrimonio alla sola giornata della celebrazione. Parte quindi una fitta programmazione di iniziative collaterali (anche negli effetti) alle quali non si può mancare. 

Irrinunciabile, se la località è marittima, l’oyster party, ospitato dalla famiglia della sposa. Da tenersi un paio di giorni prima del matrimonio, vi partecipano sostanzialmente tutti gli invitati, quindi è una sorta di pre-matrimonio “ufficioso”. Se si dispone di una spaziosa backyard, questo è il posto privilegiato per l’occasione. Dress code: country/ranch/beach casual, camicia a quadri ovvio, bermuda o gonnellina frou-frou, cappelli a tesa larga perfetti, infradito sempre e comunque, ma anche scalzi. Il must-have: l’uomo (rigorosamente nero) che apre ostriche al ritmo con cui Charlie Chaplin avvita bulloni; lo chiameremo “l’ostrichero più veloce del sud-est”, una macchina da guerra. L’ostrica, sia viva sia bollita, si serve con salsa rosa e kren e si degusta con la birra. Rapporto ostrica-uomo 7:1, rapporto birra-uomo 7:1. Non possono mancare le danze di sposa e babbo, sposa e fratello, sposa e sposo, in un’interessante sequenza di combinazioni del genere lupo-pecora-cavolo, accompagnate dalla musica dal vivo della banda di paese. Benvenuti alla sagra.

Il giorno seguente è quello del pre-matrimonio “ufficiale”, un giorno decisivo. Ci aspettano l’addobbo della location e la rehearsal dinner. Ci trasferiamo in situ per coordinare l’arrivo dei fiori, delle bomboniere e delle decorazioni varie, ma soprattutto per fare la prova generale della cerimonia. Ci sono tutti gli attori principali, l’officiante e gli sposi, ovviamente, genitori al completo, testimoni e damigelle, qualche comparsa. Valgono anche le controfigure. Tu entri di qua, tu esci di là, fai un giro su te stesso, passi il bouquet di lì, con la testa fai così e io ho una zia che sta a Forlì. Tradizione vuole che bridesmaids e best men compaiano in numero uguale rispettivamente dal lato della sposa e dal lato dello sposo. Nel caso insolito in cui, per dire, la sposa decida di avere un bridesman tra le damigelle, la coreografia si complica. Tocca che, nella sfilata di uscita dopo lo scambio degli anelli, due uomini camminino fianco a fianco, scompaginando l’abbinamento di colori e la graziosa andatura a braccetto delle altre coppie. C’è chi ha proposto il ruggito di t-rex e pterodattili in volo per un’uscita di scena meno classica. Alla fine, temendo in una deriva alla Jurassic Park, un po’ troppo spartana anche per noiantri del sud, abbiamo optato per lo zampillo di una fontana alle spalle degli sposi, in modo da accentuare il dinamismo della passeggiata di chiusura con una nota elegantemente futuristica. 

Dopo l’intenso pomeriggio di prove, pare opportuno premiare la tenacia dei presenti con una cena offerta dai genitori dello sposo. Questa non terminerà prima di un sentito discorso da parte del padre dello sposo, il quale tesserà le lodi di un figlio modello che “ha sempre intrapreso grandi sfide” e che “lavora per rendere il mondo un posto migliore.” Vedrai il suo volto trasfigurare in quello di Roberto Baffo da Crema quando giunge alla chiosa finale “my son will challenge you, but he will never let you down.” Praticamente la celebrazione del mito americano, un misto tra il mercato del pesce con quello che vuole convincerti che il suo scorfano è il migliore sulla piazza, il set di una televendita di Mastrota con batteria di pentole e un’asta di preziosi… preso da cotanto sentimento vorresti solo gridare… “chi offre di più?” 

E finalmente giunge il grande giorno, c’è fermento nell’aria. Qualche imprevisto può rendere il tutto ancora più adrenalinico, tra cui la sposa che realizza di aver dimenticato le scarpe a 800 km di distanza, la madre della sposa che scorda gli orecchini della figlia tra le sue gioie uno in un cassetto e uno nell’altro (???), lo sposo che perde i bottoni della giacca a mezzora dall’inizio e altri eventuali accadimenti dirimenti. Risolte le grane, che la cerimonia abbia inizio! All’arrivo degli ospiti parte la sfilza dei 

complimenti

tra desperate housewives “you’re gorgeous”, “you look a-ma-zing”, “Oh-my-God, what a wonderful dress!”, i decibel raggiunti sono indicibili e si sfiora la soglia dell’ultrasuono. Per non parlare della presenza di un’italiana che attira i commenti più bizzarri: “Questo è il vestito più bello che io abbia mai visto” (sicuro!), “Solo un’italiana avrebbe potuto abbinare queste cose in modo così perfetto” (ovvio!), “Guarda le scarpe, ma dove le hai trovate, sembrano fatte per questo matrimonio” (ci puoi scommettere, cucite a mano l’altro ieri dal mastro ciabattino di Poggibonsi), ma anche: “isn’t she so cute?!?!”, “look at her, she is so stylish!” “you know? She speaks two languages”. OK, ciao, sono qui e sono il nuovo fox terrier di famiglia, se vuoi farmi una carezza fai pure, ringhio ma non mordo, mi addestrano nella tenda di Moira Orfei, seconda curva a destra. Finisce lo strazio quando parte la musica e inizia la sfilata dei genitori, dei damigelli e degli sposi. Discorso dell’officiante, promesse, spruzzetti della fontana. Liberi tutti, la scena si chiude con il bridesman che se ne va a braccetto del collega e in mano il bouquet della sposa, un vero e proprio finale a sorpresa con effetto speciale.

La prospettiva di potersi rinfrancare con un’abbondate aperitivo, mentre gli ospiti fanno lo shooting fotografico, è presto messa in dubbio dal programma della giornata stampato sull’invito. Qui si legge chiaramente 19.30 – dinner, 20.00 – party begins. Tu dici, ma il party con il boccone in gola? Siamo sicuri? Mangio in mezz’ora? Gli sposi hanno fatto il servizio foto prima della cerimonia (ma perché???), appena il tempo di guadagnare una birra al bar e di sederti circondata di bicchieri già riempiti di tè freddo (???) che ti viene somministrato il “main” (leggi “only”) course: salmone su letto di puré di patate con decorazione di fagiolini. Buon appetito. Gli Americani, che abbondano in tutto, dimostrano un insensato minimalismo ai banchetti nuziali. Con un occhio verifichi se sei riuscito a pulire bene bene il piatto facendo la scarpetta e cerchi di guadagnare qualche altro panino da farcire con abbondati spalmate di burro, per fare fondo; con l’altro osservi parenti e amici stetti che si sperticano in discorsi accorati tra le lacrime degli astanti. Fine. Via: sono le 20, tutti in piedi per le danze, come da programma! Efficienza, ordine, organizzazione! 

Ci concediamo un momento di raccoglimento per il taglio della torta, una frazione di secondo prima che gli sposi mettano in moto la Cadillac e sgommino lontano da sguardi indiscreti. Tu resti lì, con tanto fumo negli occhi e niente arrosto, con una sensazione di vuoto e tristezza nello stomaco che solo due confetti saprebbero sedare. E ti sovvien l’eterno e le morte stagioni, il lancio del riso, il risotto all’Amarone e le risate che fai a tavola durante i matrimoni italiani mentre aspetti che ti venga servito il quinto contorno e mediti “ma se faccio il bis anche del terzo secondo dici che ce la faccio poi col buffet di dolci???”.