Arrivo in hotel dove mi accoglie un albero di Natale enorme. Personale gentilissimo, vengo accompagnata in stanza da un tizio che mi porta la valigia fino al sesto piano e mi apre la porta della stanza. Apre la porta verso l’infinito, e oltre.
E rieccoci nella declinazione mediorientale della cultura americana.
Muovo i primi passi in questa stanza che si crede un appartamento. La metratura è circaquasi quella della mia casa di Milano. A prima vista noto delle peculiarità: 1) una quantità molto maggiore di spazio vuoto disponibile per ampie falcate tra un ambiente e l’altro; 2) un utilizzo demodé dei materiali per coprire la superficie calpestabile; 3) un modo alquanto curioso di dividere gli ambienti. Segue approfondimento in ordine spontaneo.
Questa generosa superficie di pavimento ospita diverse funzioni. Cucina con frigo e microonde, aperta sul soggiorno dove sono piazzati ben due divani in una disposizione a L e tavolini vari in giro. Il bagno è un vano altrettanto spazioso con una doccia che ospita comode 3 persone. La camera da letto accoglie il letto, una scrivania, una specie di mobile da toeletta e un armadio, oltre a un sacco di vuoto. Dentro l’armadio: la stuoina per la preghiera. Forse il vuoto é spazio per la preghiera. Ci sta, chissà in che direzione é La Mecca (dice c’è un’app).
I materiali calpestabili sono così distribuiti: linoleum nella zona cucina, finto parquet nella zona soggiorno, moquette decorata tipo moschea per la camera da letto (d’altronde è anche la stanza dotata di stuoina per la preghiera), e piastrelle brutte nella zona bagno. Immaginate un gioco sapiente di ton sur ton, che va dal marrone al beige virando per tutte le tonalità intermedie che il vostro occhio potrebbe cogliere. Queste riguardano non solo i colori dei pavimenti ma anche le pareti e qualunque oggetto d’arredo, fatta eccezione solo per il frigo, i sanitari, il piatto doccia e le lenzuola (bianchi). Di fatto color sabbia. Creativo. Le uniche cose che staccano da questo cromatismo sono le mie, quelle che mi affretto a estrarre dalla valigia giusto per uscire dal tunnel degli anni ’80.
La parete che divide la camera dal soggiorno racchiude genio e follia in un unico gesto. Vi si trovano in successione una porta scorrevole. E fin qui, tranqui. Segue un caratteristico mobile cilindrico che, integrato nella parete, sporge mezzo di qua e mezzo di lá e ingloba l’immancabile TV. Il funzionamento del mobile tondo é tale per cui, essendo dotato di due porte scorrevoli a doppia anta, una di qua e una di là, tu puoi ruotare la TV verso il soggiorno se te la vuoi guardare dal divano chiudendo il reparto camera, ma puoi anche ruotarla verso la camera se te la vuoi guardare dal letto. Genio.
Segue ancora una bucatura, dalla funzione misteriosa. Si tratta di una sorta di finestra sul soggiorno o sulla camera (dipende dal lato in cui la guardi) anch’essa vetrata, dotata di tendina a lamelle orizzontali. Follia.
Poi c’è la finestra quella vera, sul cortile. Più che una finestra é una parete interamente vetrata a tutta altezza da pavimento a soffitto che affaccia su un panorama misto: piscina dell’hotel sotto, mare nel campo medio, case di Muharraq nel campo lungo, piattume dell’orizzonte a perdita d’occhio.
Il bagno, però, è forse l’ambiente più stupefacente di questo insieme, soprattutto per le sue dotazioni impiantistiche. Con incanto e meraviglia apprezzo innanzitutto che sia dotato di bidet. Non solo, accanto al wc si trovano anche un comodo doccino lavaculo (che tra l’altro scoprirò che si trova anche in tutti i bagni pubblici), nonché un citofono/telefono. Pare che questi telefoni siano strettamente necessari visto che ne troviamo anche uno in soggiorno e uno in camera. Curioso l’accostamento dell’apparecchio tele-citofonico con il pacchetto di Cleenex brandizzati dell’hotel (per disamina sul Cleenex e la sua identità sbarazzina vedasi “Odissea Part 10 – Di mores e dimore”, https://www.chiaratagliaro.com/odissea-part-10-postuma/). Vanno di pari passo, dove trovi uno c’è anche l’altro. Magari sono telefonate tristi e devi asciugarti una lacrimuccia? Che i telefoni servano per comunicare da una stanza all’altra, viste le distanze, é pure plausibile. Magari sventoli il fazzoletto in segno di saluto dalla camera attraverso la finestra sul soggiorno mentre parli al telefono per sentire dal tuo compagno di stanza cosa danno in TV di là. Tuttavia, scopro presto che la vita da hotel viene condotta principalmente attraverso questo apparecchio.
Prima di sollevare la cornetta, però, mondialcasa sembra avermi preceduto con i suoi gadget in regalo di cui ha inzeppato l’intero bagno. La sensibilità verso l’ambiente qui è al livello 0.0. Questo viene del tutto a mio vantaggio. Vengo investita da un impeto di gioia quando vedo in bagno tutti i mini-kit che io adoro e ormai in Europa non si trovano più, appunto per discorsi ecologisti. Saponettina per le mani, body lotion, shaving kit, dental kit, vanity kit e shower cap (questa dismessa più per inutilità vera che per campagne ambientaliste – in occidente dagli anni ’50 a oggi resta solo mia zia a utilizzarla con orgoglio). Viene anche fornito il magico trittico da doccia shower gel, shampoo, conditioner. Tutto ciò in piccoli contenitori di plastica, imballati in plastica, con dentro oggettini di altrettanta plastica, che mi verranno riconfermati di giorno in giorno anche se i precedenti non erano ancora finiti e/o utilizzati. E sono in brodo di giuggiole per queste graziose rarità ormai in via di estinzione (Greta perdonami perché ho molto peccato).
Comunque, su una nicchia nella parete compare un messaggio per l’ospite “Help us to save the environment”. Volentieri, anche se, date le premesse, vorrei capire come posso contribuire. In pratica ti chiedono di buttare a terra gli asciugamani che si considerano sporchi e tenere sugli appositi appendini quelli che possono essere ancora riutilizzati. Condivido. Metto in pratica. Anticipo che assumere questo atteggiamento o non assumerlo non avrà alcun effetto sulla sostituzione incondizionata dell’intero parco asciugamani ogni giorno.
Non mi stupisco quindi quando apprendo (dal mio adorato Francesco Costa) che il Bahrein è il secondo Paese al mondo per emissioni inquinanti procapite, preceduto solo dal Qatar. La voce di Greta qui é giunta male o comunque molto disturbata, viste e considerate le pratiche scellerate a cui sono sottoposta fin da subito e per tutti i giorni a seguire.
Rientro in hotel trovando SEMPRE tutte, dico TUTTE, le luci accese. Pure quella dentro la doccia. Chiaramente accese dal momento in cui sono entrati quelli del servizio pulizie al momento in cui sono rientrata io a spegnerle una ad una. L’aria condizionata, di cui non c’è alcun bisogno in questa stagione se non per un mero ricircolo d’aria (visto che la temperatura esterna é sui 20 gradi), la ritrovo SEMPRE a tutta manetta, sparata a velocità 3 (su 3) tutti i giorni per lo stesso numero di ore. L’hotel non è dotato di quel moderno sistema a tessera grazie al quale gli impianti della camera si accendono quando arrivi. Quindi perché non lasciarli accesi tutto il giorno??? Oltre a questo, l’acqua del rubinetto non si può bere e quindi l’hotel anticipa la tua sete regalandoti 4 bottigliette d’acqua da mezzo litro al giorno. Ovviamente di pura e sana plastica. Salute!
Ma il bello deve ancora venire quando mi accingo a cercare la cena. Sono le 11.00 di sera e non oso allontanarmi dall’hotel. Contatto la reception da uno a scelta dei tre telefoni e chiedo “Di grazia, é ancora aperto il ristorante, posso recarmici?” Questo di tutta risposta “Certo ma’am, il ristorante é aperto 24h [tié, n.d.a], ma voglia cortesemente usufruire del nostro servizio in camera. Può ordinare quello che vuole e noi portiamo tutto nella sua camera. At no extra charge!” Ed é vero. Questi preferiscono che tu ordini in camera. Se vai al ristorante di persona, oltre a ritrovarti tristemente sola perché sono tutti nelle loro camere (che sia colazione, pranzo o cena), si vede che un pochetto gli rode ad averti lì tra i coglioni. D’altronde lo spazio é talmente abbondante in stanza che tanto vale utilizzarlo per qualcosa. E quindi chiamate su chiamate per ordinare caffé, the, colazioni arabe, succo di frutta. Qualunque cosa tu ordini te la portano inchellophanata – questo non solo all’hotel ma anche al ristorante. Per fare un esempio, ordini il caffè? Quelli ti portano la teiera piena di caffè con l’ugello coperto di chellophane, il bricchetto del latte protetto dal chellophane e un piattino coi biscottini (gentilmente complimentary) anch’essi sotto chellophane. Le bustine di zucchero (notasi bustine, quindi zucchero imbustato in plastica) su un piattino, sotto chellophane. Però le bacchette di legno per girare il caffè à-la-Starbucks te le mettono comunque lí, ad arredare. Daiiii. Ma seri?
Quando hai scartato il chellophane e ti sei mangiato o bevuto quello che devi, rigorosamente con posate di plastica dentro una busta di plastica, puoi comodamente adagiare il vassoio (ormai l’avete capito che é di plastica) con tutto il suo contenuto svuotato della parte commestibile fuori dalla porta. Lì nel corridoio. In mezzo ai piedi. Lo lasci lì, tanto poi loro tra cinque minuti passeranno nella stanza accanto a consegnare dell’altra plastica con tracce edibili e quindi possono ritirare l’usato.
Mi porto a casa i key takeaways dell’esperienza in hotel. Lo spazio è chiaramente sproporzionato rispetto alle esigenze del viaggiatore odierno. Ma d’altronde si fa tutto in camera. La plastica é chiaramente sproporzionata rispetto alle esigenze dell’uomo odierno. Ma d’altronde é quanto é sensato utilizzare se devi trasportare cibo avanti e indietro (e forse la gente l’argenteria se la imbosca). L’uso del telefono é chiaramente sproporzionato rispetto alle odierne capacità umane di interagire e orientarsi all’interno di un edificio. Ma d’altronde, con quello, fai tutto: puoi chiamare l’operatore, il front desk, il bell desk (che non so cosa sia), il room service, l’housekeeping/laundry, il gymnasium/health club, la Spa (in questo caso chiamata S-paradise, l’ho trovato simpatico), La Brasserie Restaurant e anche il bar al 15esimo piano. A ben vedere, più che andarci fisicamente in questi posti, finisce che li chiami e questi posti vengono da te. Non l’avranno mica inventato altrove il detto che “Se Maometto non va alla montagna…”, no? Puoi fare anche chiamate ai tuoi amici nelle altre camere, in altre città del Bahrein e in altri Paesi del mondo. Insomma è tutto troppo ma q.b. per non uscire mai dall’hotel.
Alzo la cornetta e chiamo un taxi.