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Se quando entri nei Paesi del Golfo Persico senti che trasudano (oltre che sudano, in generale) di americanitá, quando entri dentro al compund di Aramco attraversi come una porta spazio-temporale che ti catapulta negli USA. Più precisamente, negli USA degli anni ’80, che comunque, nella maggior parte dei casi, non sono tanto diversi dagli Stati Uniti di oggi. L’americanitá costituisce l’infrastruttura sopra la quale l’Arabia ha aggiunto il suo.

La ARabian AMerican oil COmpany, Aramco, é stata fondata alla fine degli anni ’30 dopo le esplorazioni fortunate che hanno portato alla scoperta di pozzi di petrolio immensi, proprio qui, sotto il deretano dell’Arabia in particolare tra Dhahran, Dammam, Al Khobar e il Barhein. Ed é quindi partita la colonizzazione. Dagli anni ’80 però la Aramco é una società araba, l’America é uscita di scena nella forma, ma la sostanza é ancora tutta qua.

Entro nel Technical Exchange Center ed è subito déjà-vu. Prima cosa, faccio un giro in bagno (non ci stupiamo, la mia vescica è sempre quella). E cosa ci ritrovo? Ci ritrovo le porte, quelle che per questioni di safety in America adottano in tutti i luoghi pubblici, ossia quelle aperte sopra e sotto. É dove la dimensione del saloon ha sconfinato. I tuoi bisogni li fai coperto dalla vista, ma praticamente in piazza a livello acustico. La privacy é solo un’idea. Almeno, qua, donne e uomini sono divisi. Entro nel bagno ed ecco la tazza del cesso, quella buona vecchia amica. LONG TIME NO SEE. Livello dell’acqua ai massimi storici per un Paese che l’acqua la deve centellinare. Proprio come negli Stati Uniti. I wc sono anche dotati della stessa classica levetta per tirare lo sciaquone. Identico. Identico é anche il porta carta igienica, quello di metallo che porta più rotoli, perché l’americano vuole stare sicuro che il sedere se lo può pulire anche se é preso dal peggiore attacco di diarrea della storia ed, evidentemente, non solo a casa sua. In effetti, l’attacco di diarrea qua potrebbe essere dietro l’angolo visto che sconsigliano di bere l’acqua del rubinetto. Per sbaglio mi porto la mano alla bocca dopo averla lavata nel lavandino: é salata. Bah. A parità di cattiveria del sapore, in America l’acqua del rubinetto sa di cloro. É solo questo dettaglio che mi riporta a geolocalizzarmi nell’area saudita. Torno alla realtà del mio dovere.

Esco dal bagno e cerco di connettere il mio laptop alla corrente elettrica. Guardo la prese e, cristo, sono americane. E stavolta ci sta invocare cristo anziché allah. Nel mio intento di investire sulla leggerezza, ho lasciato a casa il parco adattatori statunitense, convinta che qui non mi sarebbe servito trovandomi altrove. E invece mi ritrovo le prese quelle con le due fessure verticali. Cerca che ti ricerca, dietro un vaso scovo finalmente la presa araba che tanto agognavo. E posso iniziare la mia lezione con il mio adattatore e con serenità.

Pausa pranzo. Faccio per uscire dalla stanza e spegnere le luci, e mi trovo di fronte all’interruttore americano, quello con la levetta che tiri su per accendere e tiri giù per spegnere. Mi sento confusa. Meglio fare un giro fuori, prendere una boccata d’aria.

L’aria aperta la respiro per circa 1 minuto e mezzo, perché Moh e colleghi mi vogliono portare a pranzo in un bel posto, qui dentro al compund, e ovviamente c’è da salire in macchina.
Il compund é una distesa di sabbia punteggiata di tank metallici dal diametro colossale (a quanto ho capito dei pozzi di controllo del petrolio che fluisce copioso tutto sotto i nostri piedi). Oltre ai tank vi si trovano anche diversi edifici per uffici, che ospitano i vari dipartimenti dell’azienda, uno qua e uno là. Pare che uno dei colonizzatori si sia svegliato un giorno, abbia sparso accidentalmente le puntine del Risiko sulla mappa della zona e abbia deciso che proprio lì, a caso, avrebbe insediato i propri accampamenti di conquista. Non c’è logica apparente. Oltre agli uffici si trovano all’interno del compund anche alcuni luoghi della socialitá, le scuole, alcune moschee, le residenze degli operai single, le residenze dei dipendenti amministrativi, e le case di lusso dei capi di tutto, nonché dei parchetti tipo oasi nel deserto.

Ci sono molte strade, per connettere tutti questi luoghi chiave della vita del dipendente di Aramco. Il criterio per portarsi da un posto all’altro sembra quello del percorrere più strada possibile in automobile.
Gli edifici sono quasi tutti bassi e beigiolini. Mi spiegano che molti sono stati costruiti come temporanei, inizialmente, ma dopo 40 anni ce li ritroviamo ancora lì. Esaminiamoli quindi nella loro varietà, questi edifici.

I partecipanti al master ci tengono a farmi vedere i loro uffici e quindi passiamo per uno a sentimento degli edifici a uffici, sentimento che ci porterà verso il più lontano di tutti. Gli uffici sono proprio adesso adesso in fase di rinnovo, alcuni. Non quello che visitiamo adesso. Entrando il soffitto é bassissimo, basso America, 2,5 metri. Che per tanta superficie pavimentata estesa in orizzontale praticamente hai l’impressione di entrare dentro una sottiletta sdraiata a sciogliersi al sole. Con somma soddisfazione, noto che il layout é tipicamente organizzato a cubicle! Si erano perse le tracce anche negli Stati Uniti di questo impianto per gli uffici. Onestamente non speravo che avrei mai visto veramente un cubicle se non nelle foto d’epoca. E invece: eccolo qua! Surprise, surprise. Tutto intorno a me!

Mentre risaliamo in macchina, i miei ospiti mi indicano la direzione verso cui bisogna andare per raggiungere le case dei supercapi, che mi figuro come residenze da pascià. Passiamo davanti, invece, a degli edifici residenziali del tutto modesti. Questi casermoni di cemento beige, visibilmente prefabbricati anni ’80, ospitano i dipendenti giovani, single e uomini dell’azienda. Poi ci sono anche quelli delle donne. Quando iniziano a fare carriera, questi dipendenti, e auspicabilmente si sposano, possono prendere una casa indipendente, o all’interno del compund, oppure fuori. Chi abita nel compound è generalmente expat, mentre gli arabi hanno già la loro vita fuori e per loro non ha senso trasferirsi dentro. La Aramco ti dà un sacco di soldi per comprarti la tua casa, indipendentemente dalla sua localizzazione. Non solo per comprartela, ma proprio per costruirtela. Qua funziona che nella maggior parte dei casi compri un appezzamento di sabbia, ci costruisci un muro intorno e dentro ci piazzi quello che vuoi, purché sia grande e damascato. Anche questo concetto di abitare funziona molto simile agli Stati Uniti. Le principali differenze che ravvedo stanno (i) nel muro – gli americani prediligono yard aperte, (ii) nel damascato – gli americani scelgono la pelle, e (iii) nel substrato di fondazione – sabbia vs prateria. La casa di Moh, un esempio tra gli altri, è una villa di 500 mq fuori dal compund, dotata dei seguenti spazi in successione dall’ingresso principale. Giardino sterminato con un parco giochi attrezzato per i bimbi, una tenda beduina dove gli uomini fumano nei ritrovi del giovedì sera e una piscina. Entrando si trova un salotto centrale, una sala da pranzo, una sala TV, due soggiorni speculari per le chiacchiere rispettivamente degli uomini e delle donne. Ci sono poi la ‘cucina pulita’ con la sua isola e spazio per mangiare e divano, e la ‘cucina sporca’, dove non entra quasi mai nessuno se non la colf. Completano il tutto anche un signorile bagno e un ingresso maestoso. C’è poi uno scalone principesco che porta al piano superiore. Ma quello spazio è molto privato e non me l’hanno mostrato. Io non so a cosa servano tutti questi saloni uno dopo l’altro. Va detto però che le attività sociali svolte nello spazio pubblico sono ridotte all’osso, oltre al fatto che le famiglie sono numerosissime. Quindi, a una certa, capisco se non la necessità, diciamo, il piacere, di avere a disposizione tutto quello spazio. Oltre alla numerosità della famiglia stessa, va poi aggiunto il personale di servizio. Nel caso di Moh, in compagnia della colf, contiamo anche una babysitter full time (praticamente una balia) e un autista. Questi tre elementi convivono con la famiglia e usufruiscono ognuno di una camera da letto, un bagno privato e, rispettivamente, la cucina sporca, la sala TV con il resto degli spazi dei bambini e il garage. Moh, io vorrei lavorare per te. Cosa posso fare? In cosa posso esserti utile?

Arriviamo alla destinazione X individuata per il pranzo. Nel frattempo, mi sono stati segnalati con orgoglio Starbucks e Subway che, inizialmente, erano presenti SOLO nel compound. Roba da leccarsi i baffi proprio! Invece adesso Starbucks ha cominciato ad aprire diversi bar in giro. Comunque, il posto dove pranzeremo adesso é il ristorante di una catena salutista organic americana dal nome sconosciuto. Che mi pare c’entri come il cavolo a merenda in tutto questo mondo anni ’80. Mi spiegano che questo padiglione che ospita il ristorante è temporaneo e ogni sei mesi lo cambiano (e dagli con l’usa e getta…). La logica è quella della coltura a maggese: nella bella stagione, quindi da settembre a marzo, installano una funzione; quando arriva l’estate proprio smantellano il padiglione e progettano una roba diversa intanto che l’area è impraticabile per il caldo e quindi resta vuota. CHIARO. “Ma come li selezionate questi store? Avete già una programmazione a medio-lungo termine, magari ispirata alla vision e mission aziendale?” – No. Niente di tutto questo. Quando si fa tempo di smantellare il costruito si dà un’occhio ai brand del comparto ricettivo-ristorazione che sono più in voga NEGLI STATI UNITI in quel momento e si adotta quello. Così, per sperimentare, perché se piace agli americani piacerà sicuramente anche a noi arabi. Tanto, alla peggio, tra sei mesi è un’altra roba.

Poi ci sono i cinema e le scuole. E ci sono sempre stati dentro al compound, anche quando fuori era vietato tutto. Le scuole, anche femminili, ci sono da sempre e la stessa Aramco le ha esportate fuori dal compund, facendosi responsabile della loro costruzione e della loro gestione (quest’ultima fino ai nostri giorni). Il cinema c’è dagli anni cinquanta mentre fuori l’hanno abilitato 4 anni fa. Sicuramente un posto all’avanguardia sotto molti punti di vista.
Oggi, l’iniziativa innovativa è rappresentata da un edificio a forma di sasso che hanno aperto poco tempo fa a fare da ponte tra l’azienda e la città. È uno spazio dove Aramco vuole creare attività aperte alla cittadinanza allargata; ci sono una biblioteca, uno spazio eventi, un cinema/teatro, si trova anche il museo del petrolio nella stessa area, oltre ad alcuni uffici. Finalmente un edificio multifunzionale e multiutente, che sta diventando il nuovo centro culturale di Dhahran, con funzione addirittura di attrattore turistico. Infatti, i turisti, fino a 4 anni fa, non potevano entrare in Arabia Saudita se non attraverso connessioni particolari con Aramco. Questo testimoniato da una raccolta dei visti di donne e uomini (per la maggior parte americani) che sono esposti a memoria dei loro viaggi: la moglie di un dipendente Aramco, un signore in scalo verso l’Oriente, un diplomatico. Ma chi siete, da dove venite, cosa portate, dove andate, un fiorino. Incredibile.

S’é fatta ora di uscire dal compund. Penso di chiamare un Uber, ma Uber qui non può entrare. C’è solo una compagnia di taxi che può oltrepassare il varco spazio-temporale. Sospetto che la ragione stia nel fatto che devono usare macchine speciali, tipo quelle di ritorno al futuro.